La produttività delle persone è quindi fondamentale. Lo è per noi, come per tutti i nostri clienti. Ha un impatto sui risultati finanziari, sul posizionamento delle aziende sul mercato e soprattutto è uno dei pilastri della corporate resilience. Ai nostri interlocutori, infatti, spieghiamo quanto la resilienza si basi soprattutto sulla capacità di “enable/empower people” ovvero di rendere produttive al massimo le persone.
La produttività vive di un disallineamento forte fra la percezione del dipendente e del manager, soprattutto in contesti di lavoro asincrono e/o remoto. Per allineare le persone, i team e l’azienda a obiettivi comuni e misurabili, oggi è auspicabile la definizione di Objective Key Results (OKR) per misurare oggettivamente gli obiettivi da conseguire, le attività sottostanti che ci permettono di raggiungerli e per tenere sotto controllo le metriche qualitative e quantitative da monitorare. Oltre al concetto pratico, esistono oggi piattaforme che aiutano a definire e monitorare gli OKR come la piattaforma Viva Goals, ma da sola non basta: serve un percorso di guida ai reparti HR e ai manager per un’implementazione efficace, cosa che in 4wardPRO facciamo avvalendoci di un team di specialisti in psicologie e neuroscienze.
Di solito, adotto questa semplice formula per spiegare la stretta relazione esistente tra produttività, engagement e benessere. Se l’obiettivo è la produttività, nessuno dei due fattori può tendere a zero.
Quando chiediamo a una persona di essere produttiva ed efficace per raggiungere determinati risultati, dobbiamo essere certi che sia in armonia e sulla stessa lunghezza d’onda dell’azienda. Che sia dunque ingaggiata e che, molto semplicemente, si trovi bene, stia bene fisicamente e psicologicamente, sposi la cultura e il purpose aziendale e si senta sostenuta dall’organizzazione nel raggiungere i suoi obiettivi. Altrimenti, lo dice chiaramente la formula, otterremo produttività insoddisfacente e una potenziale impennata del turnover, che non solo separa l’azienda dai suoi obiettivi, ma è anche un costo molto importante.
I temi del benessere e dell’engagement dovrebbero essere nell’agenda di tutti i leader aziendali. Solo nel 2022, abbiamo assistito in Italia a un aumento dell’85% di dimissioni volontarie, mentre più del 90% della popolazione aziendale oggi è “disengaged” ovvero non si sente connessa e motivata ai valori e alla missione dell’azienda; questo spinge le persone a lavorare “al minimo” necessario (vengono definiti quite quitters). In più, stiamo registrando un incremento dell’indice di stress dovuto all’intensificazione dei ritmi di lavoro: per riportare qualche dato, la quantità di meeting è aumentata del 153% e c’è anche un +46% di double meeting, ovvero di iscrizione a più riunioni contemporanee.
Il remote working ha portato alla creazione di silos, perché certe attività, relazioni e comunicazioni non possono prescindere dal contatto fisico. Così, le persone che già lavoravano a stretto contatto hanno continuato a farlo, ma è diventato molto più complesso integrare nuove risorse o creare sinergie tra team differenti.
Molte aziende hanno reagito a questa evidente criticità imponendo il rientro in ufficio, ma di fatto ne hanno creata un’altra: secondo la ricerca Work Trade Index di Microsoft, il 76% delle persone tornerebbe volentieri in ufficio se solo avesse una motivazione più forte rispetto a un’imposizione. L’obbligo crea disengagement, contrasta il benessere e quindi la produttività, con tutte le conseguenze di cui sopra.
Come si costruisce, quindi, un ambiente lavorativo che sostiene e promuove il benessere? Si parte sempre dall’ascolto. Bisogna saper ascoltare più che parlare o prendere decisioni. Il benessere si costruisce con un approccio bottom-up attraverso un ascolto costante che non ignori nessun tipo di feedback, perché aspetti ritenuti secondari dal top management possono non esserlo per altre persone e creare così disengagement che si riflette poi sui risultati di tutta l’organizzazione.
La comunicazione è fondamentale. Deve avvicinare e far sentire le persone parte integrante della cultura dell’azienda. Ma anche qui, bisogna accertarsi di comunicare per davvero, non soltanto di informare. La comunicazione è bidirezionale per natura e deve comprendere cosa le persone desiderino, senza dare nulla per scontato. Occorre quindi promuovere una cultura che incentivi il feedback, la condivisione, la creatività.
Comprese le esigenze, è poi possibile concentrarsi su iniziative di welfare capaci di produrre reale benessere e miglioramento della qualità della vita dei collaboratori. Non dimentichiamo, infatti, che la percezione del valore delle attività di welfare è di 2-3 volte o più superiore rispetto all’effettivo costo sostenuto dall’azienda. Per esempio, il valore percepito dello smart working è 10x il suo costo, perché abilitando un modello di lavoro agile, le imprese restituiscono alle persone il loro bene più prezioso: il tempo.
Gli strumenti e le piattaforme digitali che usiamo ogni giorno permettono alle aziende di comprendere i desideri delle persone, di misurare il loro benessere, di migliorarlo e di definire programmi di engagement.
Le survey, se realizzate in modo corretto, forniscono di per sé ottime informazioni, ma oggi c’è un intero mondo di insight che deriva da come le persone usano gli strumenti digitali di produttività. Le piattaforme possono valutare quante riunioni facciamo, in che modo utilizziamo i sistemi di messaggistica, quando comunichiamo e inviamo e-mail, ottenendo indicazioni importanti circa i livelli di stress, di engagement e di benessere.
Trascorrere otto ore al giorno in riunione non aiuta il benessere e, certamente, non ci mette nella condizione di poter eseguire quanto deciso. Ecco che gli strumenti, basati su algoritmi di AI, possono suggerirci modalità più sane e corrette di gestione della giornata lavorativa, magari proponendoci delle pause, evitando di organizzare troppi meeting o suggerendoci di alternare il lavoro in ufficio con quello da remoto.
Infine, ma non per importanza, a tutto questo si aggiungono strumenti finalizzati proprio a migliorare l’engagement. A tal proposito, riporto l’esempio di Viva Connections, l’Enterprise Social Network di Microsoft che aiuta le aziende a comunicare in modo bidirezionale creando delle mini-community in cui diffondere informazioni, valori e cultura aziendale. Personalmente, ritengo che questi strumenti abbiano un valore inestimabile in un paradigma di lavoro sempre più ibrido e in cui l’idea stessa di cultura aziendale risulta più fluida e sfocata di un tempo. Sono loro, infatti, che favorendo interazione, contatto, comunicazione e condivisione, accompagnano davvero le aziende verso il futuro.